Luci della ribalta
- Nato a Wuppertal-Elberfeld, cresciuto a Monaco di Baviera
- Ha studiato violino, pianoforte e direzione d'orchestra all’istituto superiore di studi musicali di Monaco di Baviera
- Primo direttore d’orchestra presso il teatro di Passavia, teatro nazionale di Cottbus, vicedirettore musicale generale del teatro di Ulma. Direttore d’orchestra ospite presso il teatro Gärtnerplatztheater a Monaco di Baviera, i teatri di Chemnitz e Brno, il teatro Mainfranken di Würzburg, il teatro nazionale di Oldenburg, il teatro di Ratisbona, il teatro Lauro Rossi Macerata, il teatro Colón Buenos Aires, l’opera di Monte Carlo e l’opera popolare di Vienna.
- Attivo come direttore d'orchestra a livello internazionale
- Sul palcoscenico è possibile avere successo ma anche il contrario. Come direttore d’orchestra al Gewandhaus di Lipsia, al Palau de la Musica di Barcellona, al Festspielhaus di Baden-Baden, al teatro Colón Buenos Aires, alla Philharmonie di Berlino, al teatro Orpheum a Vancouver, al Duomo di Bressanone, alla Konzerthaus di Vienna e alla Salle Wilfrid Pelletier a Montreal ho sentito suoni che non dimenticherò mai.
- Numerosi paesi e lingue, persone diverse, sale da concerto e teatri d’opera – una connessione: la musica.
Ritratto
Daniel Beyer
La musica viene dal silenzio, vive attraverso il suono, può connettere – anche con l’universo. Le sue possibilità sono illimitate, così come i modi di avvicinarsi alla musica per capire i suoi effetti.
Chiunque incontri il direttore d’orchestra Daniel Beyer durante le prove o una conversazione lo vede come un cercatore: ”Non si o no ma si E no insegna l’occupazione con la musica”. Il fatto che come musicista ci si trovi sempre di nuovo all'inizio di un viaggio al contenuto, all'affermazione delle composizioni, corrisponde all'essenza della musica: "Non rivela mai il suo ultimo segreto" (Oscar Wilde).
Imprevedibile, bifacciale come la fronte di Giano, contenente alti e bassi, la musica stimola completamente l’esecutore. Daniel Beyer vede la significatività musicale nel rendere tangibile il suo valore come una preoccupazione centrale del suo lavoro con i suoi partner musicali e nel dialogo con il pubblico. La "fedeltà all'originale" - secondo il direttore d'orchestra - può essere raggiunta solo se si è disposti a tracciare l'intenzione del compositore e a dedicare ad essa la maggior dedizione possibile. "Vedo l'occupazione dettagliata, la continua rilettura della partitura come base per poter riconoscere ciò che tiene insieme un'opera, ciò che vuole trasmettere. Il fatto che la notazione di una partitura sia in realtà una sceneggiatura geroglifica apre
infinite domande all'interprete, il risultato rimane aperto. In definitiva un concerto o uno spettacolo lirico sfugge alla fissazione, già solo attraverso le più diverse percezioni di ciò che è stato realizzato e vissuto insieme”.
Daniel Beyer ha studiato violino, pianoforte e direzione d'orchestra (Prof. Hermann Michael) all’istituto statale musicale di Monaco di Baviera “Staatliche Musikhochschule”. Gli inizi e i primi successi come direttore d'orchestra sono strettamente legati alla sua patria d'elezione. Il debutto con l'orchestra sinfonica di Monaco di Baviera nella sala “Herkuless” della residenza è stato seguito da inviti del teatro statale “Staatstheater am Gärtnerplatz” (Eine Nacht in Venedig), dall'orchestra bavarese “Münchner Rundfunkorchester” (prima mondiale di "Prometeo" di Peter Kiesewetter), da un acclamato concerto di gala con il tenore Peter Seiffert alla filarmonica di Monaco di Baviera, e da una prima tournée in America meridionale con il “Bach Collegium München”. Un incontro a Monaco di Baviera, tanto importante quanto sorprendente, ha dimostrato di avere un impatto duraturo su di lui: Lorin Maazel ha certificato “l'enorme potenziale direttoriale" di Daniel Beyer dopo avergli fatto dirigere parti del Requiem di Brahms con il coro e l’orchestra della radiodiffusione bavarese “Bayerischer Rundfunk” durante una prova.
"La "Sinfonia della Resurrezione" di Mahler forma un cosmo, l'opposizione è portata agli estremi. Il concerto di apertura delle Settimane Mahler a Dobbiaco ha superato ogni aspettativa! In Daniel Beyer incontriamo un direttore d'orchestra che unisce alta intelligenza musicale e potenza suggestiva. È riuscito a creare una commovente e tempestosa interpretazione della Seconda Sinfonia di Mahler che è stata convincente nella scelta dei tempi, senza eccezioni. Il direttore d'orchestra della banda musicale di Halle ha suscitato l'energia dell'orchestra, ha assicurato l'equilibrio tra orchestra e voci con straordinaria sensibilità (elogio speciale: Yvonne Naef) e ha reso chiari e convincenti gli abissi scioccanti fino al Coro della Resurrezione.” (giornale Neue Südtiroler-Zeitung)
È iniziata una collaborazione di lunga durata con le Settimane musicali Gustav Mahler e Daniel Beyer è stato invitato più volte al festival musicale di Schleswig-Holstein insieme all'orchestra da camera georgiana e al trombettista Reinhold Friedrich. Ha tenuto concerti con Arabella Steinbacher, Johannes Moser, Francois Leleux, Matthias Kirschnereit, Lukas Vondracek e Anna Gourari.
"Che possa passare di nuovo dal cuore al cuore" con queste parole Beethoven ha mandato la sua "Missa Solemnis" per la sua strada. Più diretto e onesto non può essere definita l'affermazione e l'effetto di una connessione attraverso la musica.
Daniel Beyer si occupa di musica corale e sacra da Bach a Stravinsky e Avo Pärt, fin dall'inizio della sua carriera, che costituisce un centro di suo interesse. "Nelle più svariate
In particolare il Requiem di Brahms con il coro filarmonico di Brno, la Sinfonia dei Salmi di Stravinskij nel Duomo di Siena e il Requiem di Mozart con il coro di Bach di Salisburgo sono rimasti impressioni eccezionali per il direttore d’orchestra.
Daniel Beyer ha debuttato all’opera popolare di Vienna nel 2012 con una serie di spettacoli "Das Land des Lächelns". A quel tempo aveva diretto più di 40 opere teatrali e imparato le esigenze dell'opera in vari teatri.
È stato 1° direttore d’orchestra al teatro statale di Brandeburgo Cottbus e vicedirettore musicale al teatro di Ulma. Gli spettacoli lo hanno portato ai teatri di Chemnitz, Oldenburg, Brno, Würzburg, al teatro Colón Buenos Aires, al teatro Lauro Rossi Macerata, al teatro Gärtnerplatztheater e all'opera di Monte Carlo.
La sua collaborazione con cantanti come Eva Mei, Yvonne Naef, Edith Wiens, Valentina Farcas, Roman Trekel, Andrè Schuen, Daniel Johannsen e Peter Seiffert lo ha arricchito notevolmente.
La direzione d'opera è un lavoro dettagliato, l'esperienza è indispensabile e anche dura. "La protezione dura fino al terzo suono della campanella di segnalazione" "mi disse uno dei miei insegnanti" e Daniel Beyer continua: "Per ogni direttore d’orchestra l'ora della verità colpisce nella fossa dell'orchestra. Raramente le condizioni sono ottimali e bisogna davvero essere in grado di comunicare in modo molto mirato e chiaro come dovrebbe svolgersi la serata. Se la motivazione è presente e il ‘punto di ebollizione’ può essere percepito da tutti i partecipanti, può accadere l’incomparabile. Credo che l'opera lirica continuerà ad essere di attualità, perché l'effetto di attrazione dei suoi contenuti non può essere indebolito da prospettive della moda. Non va dimenticato che la musica apre una dimensione che permette simultaneità, flashback e il guardare in avanti, stagnazione e riflessione degli eventi. Pensate al ciclo Da Ponte di Mozart, all'”Anello" di Wagner o per esempio alle "Storie di Hoffmann" - già qui viene anticipata la tecnica cinematografica con la quale anche
"Mi sento particolarmente legato a questa musica. Ti rende felice senza se e senza ma. Eleganza, morbidezza, splendore, malinconia e verve, melodie meravigliose brillantemente orchestrate. Tutto in una volta sola. Un miracolo!”
Daniel Beyer sta viaggiando. Entusiasmo, energia, gioia, pace concentrata e passione sono caratteristiche del direttore d’orchestra. Continua il suo viaggio.
Repertoire
OPER
GLUCK ALCESTE MOZART IDOMENEO ENTFÜHRUNG AUS DEM SERAIL LE NOZZE FIGARO COSI FAN TUTTE DON GIOVANNI DIE ZAUBERFLÖTE DER SCHAUSPIELDIREKTOR BETULIA LIBERATA WEBER DER FREISCHÜTZ ROSSINI L`ITALIANA IN ALGERI LA CENERENTOLA CIMAROSA IL MATRIMONIO SEGRETO DONIZETTI LUCIA DI LAMMERMOOR BIZET CARMEN
FLOTOW MARTHA NICOLAI DIE LUSTIGEN WEIBER VON WINDSOR LORTZING ZAR UND ZIMMERMANN DER WILDSCHÜTZ WAGNER DER FLIEGENDE HOLLÄNDER LOHENGRIN DIE MEISTERSINGER VON NÜRNBERG VERDI AIDA LA TRAVIATA IL TROVATORE MACBETH OTELLO OFFENBACH HOFFMANNS ERZÄHLUNGEN DIE SCHÖNE HELENA LEONCAVALLO BAJAZZO MASCAGNI CAVALLERIA RUSTICANA
PUCCINI MADAME BUTTERFLY GIANNI SCHICCI TOSCA LA BOHEME HUMPERDINCK HÄNSEL UND GRETEL SAINT SAENS SAMSON UND DALILA STRAUSS ARABELLA (Auszüge) ARIADNE AUF NAXOS DER ROSENKAVALIER SALOME BERG WOZZECK BRTTEN SOMMERNACHTSTRAUM DE FALLA LA VIDA BREVE ORFF DER MOND ZEMLINSKY DER ZWERG
OPERETTE
DIE FLEDERMAUS EINE NACHT IN VENEDIG DER ZIGEUNERBARON WIENER BLUT - Johann Strauß DIE LUSTIGE WITWE - Franz Lehár DAS LAND DES LÄCHELNS - Franz Lehár DER VOGELHÄNDLER - Carl Zeller DER OPERNBALL - Richard Heuberger GASPARONE - Karl Millöcker EIN WALZERTRAUM - Oscar Straus FRAU LUNA - Paul Lincke ANATEVKA DAS FEUERWERK PHANTOM DER OPER
BALLETT
HAUS DER SCHATTEN - Benjamin Britten DER DREISPITZ - Manuel de Falla RAYMONDA - Alexander Glasunow LA FILLE MAL GARDÉE - Ferdinand Herold LES PETITS RIENS - W.A. Mozart PANTALON E COLOMBINE - W.A. Mozart JEUX DE CARTES - Igor Strawinsky APOLLON MUSAGETE - Igor Strawinsky GISELLE - Adolphe Adam SCHWANENSEE - Peter Tschaikowsky DORNRÖSCHEN - Peter Tschaikowsky
KONZERT
ANTONIO VIVALDI Concerto A-Dur RV 158 – Sinfonia a 4 h-moll RV 169 Die vier Jahreszeiten HENRY PURCELL Chaconne g-moll für Streicher A.MARCELLO Oboenkonzert d-moll GEORG F.HÄNDEL Concerti grossi op.6 Nr.4 und 12 – Feuerwerksmusik HWV 351 JOH.CHR.BACH Sinfonien op.6 Nr.1 und 5 JOH.SEB.BACH Brandenburgische Konzerte Nr. 2,3,4,5,6 Orchester – Suiten Nr.1,2,4 Kantaten BWV 80 und 82 Cembalokonzert BWV 1052 – Violinkonzert E-Dur BWV 1042 Doppelkonzerte BWV 1043 und 1060
* * *
SAMUEL BARBER Adagio für Streicher BELA BARTOK Konzert für Orchester – 3.Klavierkonzert – Divertimento für Streicher – Rumänische Volkstänze LEONARD BERNSTEIN Divertimento für Orchester BENJAMIN BRITTEN Simple Symphony L.v.BEETHOVEN Sinfonien 1,2,3,5,6,7,9 Ouvertüren zu Coriolan – Fidelio – Leonore 2 + 3 – König Stephan - Egmont ALBAN BERG Bruchstücke aus „Wozzeck“ HECTOR BERLIOZ Ouvertüre „Römischer Carneval“ – Symphonie Fantastique JOHANNES BRAHMS Sinfonie Nr.1/2/4 – Tragische Ouvertüre – Haydn-Variationen – Violinkonzert – Klavierkonzert Nr.2 – Doppelkonzert ANTON BRUCKNER Sinfonien 3,4,7,9 FREDERIC CHOPIN Klavierkonzert Nr.2 f-moll CLAUDE DEBUSSY Jeux
ANTONIN DVORAK Sinfonie Nr.7,8 – Scherzo capriccioso op.66 - Cellokonzert – Carneval Ouvertüre MANUEL DE FALLA Nächte in Spanischen Gärten EDWARD ELGAR Cellokonzert e-moll EDVARD GRIEG Klavierkonzert – Zwei Melodien op.34 – Holberg-Suite JOSEPH HAYDN Sinfonien Nr.44,48,49,59,94,101,104 – Cellokonzert D-Dur + C-Dur HANS WERNER HENZE 5 Neapolitanische Lieder – Der junge Törless PAUL HINDEMITH Nobilissima visione – Trauermusik – Sinfonische Metarmophosen LEOS JANACEK Suite für Streicher PETER KIESEWETTER PROMETEO (Uraufführung) EDUARD LALO Cellokonzert d-moll GUSTAV MAHLER Sinfonien Nr.1,2,5,6 – Rückert Lieder - Kindertotenlieder MENDELSSOHN Sinfonien Nr. 3,4,5 – Overtüren zu „Hebriden“, „Schöne Melusine“ – Violinkonzert – Klavierkonzert g-moll W.A. MOZART Sinfonien KV 183,201,297,318,385,425,550 – Divertimenti KV 136,138,251 – Violinkonzerte KV 218 und 219 – Klavierkonzerte KV 413,466, 488, 491 – Hornkonzert KV 495 – Sinfonia concertante KV 364 – Konzert für Flöte/Harfe KV 299 JULES MASSENET Meditation aus „Thais“ SULCHAN NASIDZE Sinfonie Nr.3 – Oboenkonzert – Doppelkonzert GIACOMO PUCCINI Crisantemi HANS PFITZNER Vorspiele zu „Palestrina“ – Ouvertüre „Das Käthchen von Heilbronn“ SERGEJ PROKOFIEFF Symphonie classique – Violinkonzert Nr.1 – Klavierkonzert Nr.3 – Peter und der Wolf SERGEJ RACHMANINOFF Klavierkonzert Nr.2 MUSSORKSKY/ RAVEL Bilder einer Ausstellung
MAURICE RAVELPavane – Ma mere l`oye – Rhapsodie Espagnole – La Valse - Klavierkonzert G-Dur – Alborada del grazioso OTTORINO RESPIGHI Antiche Danze ed Arie GIOACCHINO ROSSINI Ouvertüren La scala die seta – Italienerin in Algier – La gazza ladra – Wilhelm Tell N. RIMSKY-KORSAKOW Der goldene Hahn – Ouvertüre „Die Zarenbraut“ CAMILLE SAINT-SAENS Karneval der Tiere ARNOLD SCHÖNBERG Verklärte Nacht – Musik zu einer Lichtspielszene JEAN SIBELIUS Der Schwan von Tuonela – Sinfonien Nr.1,2,4 – Violinkonzert d-moll FRANZ SCHUBERT Sinfonien Nr.2,3,8 „Unvollendete“ – Rondo A-Dur für Violine und Orchester ROBERT SCHUMANN Sinfonien 2,3,4 – Klavierkonzert – Manfred Ouvertüre LOUIS SPOHR Violinkonzert Nr.8 „Gesangsszene“ FRANZ VON SUPPÈ Leichte Kavallerie – Pique Dame – Schöne Galathee – Ouvertütren RICHARD STRAUSS Vorspiel zu „Capriccio“ – Aus Italien op.16 – Don Juan op.20 – Der Bürger als Edelmann-Suite – Rosenkavalier Walzerfolge – Oboenkonzert – Tod und Verklärung op.24 – Schlagobers-Ballettmusik – Vier letzte Lieder – Till Eulenspiegel op.28 IGOR STRAWINSKY Jeu de Cartes – Apollon Musagete – Gesang der Nachtigall - Zirkuspolka - Pulcinella Suite – Violinkonzert – Der Feuervogel (1919) – Apollon musagete – Concerto in D - PETER TSCHAIKOWSKY Sinfonien Nr,2,4,5,6 – Capriccio Italien – Schwanensee-Suite – Dornröschen-Suite + gesamtes Ballett – Streicherserenade – Souvenir de Florence – Polonaise aus „Eugen Onegin“ – Klavierkonzert Nr.1+2 – Violinkonzert D-Dur RICHARD WAGNER Vorspiele zu „Lohengrin“ und „Meistersinger“ – Ouvertüre „Der fliegende Holländer“ – „Tannhäuser“ C.M. v. WEBER Ouvertüren zu „Euryanthe“ – „Oberon“ – Beherrscher der Geister ANTON VON WEBERN Passacaglia op.1 – Im Sommerwind
Galeria
Wegweiser
Der "Wegweiser" führt zu selbst verfassten Texten, Gedanken, Erinnerungen, Persönlichem, Hinweisen, Bekanntem und Ungewöhnlichem.
ANTON BRUCKNERS
TÖNENDER GLANZ
Anton Bruckner und die von ihm geschaffene Musik entziehen sich dem Vergleich.
Einzigartig ragt das Gebirge seiner monumental ausgedehnten Sinfonien,
Bruckners mühsam errungenen Berufs-Aufstieg hat lebenslang die Einsamkeit begleitet. Eine Einsamkeit, die der schwer zugänglichen Seelen-Tiefe des visionären Komponisten aber auch ihre Freiheit belassen hat und Schutz gewähren konnte. Als Ausgleich für das ständig sich wiederholende „Abrutschen“ an der Außenwelt, scheint in Bruckner das Lot seiner Bestimmung, der Glaube an den Wert seiner „inneren Stimme“ unaufhaltsam gewachsen zu sein. Diesem, seinem eigentlichen Auftrag folgenden Leben, konnten weder Bruckners permanente Selbstzweifel, noch das Gehöhne seiner Widersacher die Spur verwehen.
Herkunft - Leben
Anton Bruckner wird am 4. September 1824 in Ansfelden (Linz) als ältester Sohn eines Schullehrers in ländlich-ärmliche Verhältnisse geboren. Durch den frühen Tod des Vaters (1837) entstanden finanzielle Schwierigkeiten, die der Mutter einer vielköpfigen Familie pragmatische Entscheidungen abforderte und sie zum Handeln bewegte: Bruckner tritt 12jährig als Sängerknabe in das nahegelegene Stift St.Florian ein; seine musikalische Ausbildung läuft dort in geordneten Bahnen, die kirchliche Erziehung prägt entscheidend und nachhaltig das Innenleben des „Buben vom Land“. Zeit seines Lebens wird das als Hochburg des Glaubens angesehene, in prachtvollem italienischem Barock erbaute Augustinerkloster St.Florian Bruckners geistige Heimat bleiben.
Mit 17 Jahren wird er „Schulgehilfe“ in Windhaag, einem 200-Seelen-Dorf an der böhmischen Grenze. Außer „Mistfassen“ (gegen das sich Bruckner mit Vehemenz wehrt) bleibt ihm dort keine niedere Tätigkeit erspart – Heuwenden, Kartoffelngraben, Dreschen, sowie Mesner- und Organistendienste verrichtet der bei seinem Vorgesetzten Lehrer Fuchs Unbeliebte mit stoischer Geduldigkeit. Auch schockierte der zu Skurilität neigende „Gehilfe“ die Dorfbewohner, indem er Krebsen brennende Kerzen auf den Rücken klebte und sie nachts auf dem Friedhof herumspazieren ließ...
Nach 2 Jahren zieht er weiter nach Kronstorf, was ihn die Enge des Schuldienstes mehr und mehr spüren lässt. Das Orgelspiel – von Anbeginn an Bruckners Leidenschaft – führt ihn mit 21 Jahren wieder zurück nach St. Florian. Zunächst als Lehrer dort tätig steigt er zum Organisten auf, um endlich 1856 Domorganist in der oberösterreichischen Hauptstadt Linz zu werden. Trotz seiner lebenslang verbleibenden Unsicherheit vertraut er ab diesem Zeitpunkt dem musikalischen Weg; die Entfaltung und Vertiefung seiner drei künftigen Wirkungsfelder – Komponist, Organist und Musikpädagoge – nimmt Kontur an.
Parallel zu seinem Amt als Linzer Domorganist beginnt er mit 35 Jahren Unterricht im „strengen Satz“ bei dem legendären Theoretiker Simon Sechter in Wien zu nehmen und wird in den sechs Jahren von 1855-1861 sein (nach Sechters eigenen Worten) „fleissigster“ Schüler. Eine von Sechter geleitete Komission nimmt die Abschlussprüfung vor die Bruckner brillant absolviert und den Dirigenten Johann von Herbeck zu dem Ausruf veranlasst: „Er hätte uns prüfen sollen“. Das begehrte, mit Bestnoten versehene Zeugnis wird ihm ausgehändigt.
Um dem erlernten „strengen Satz“ ein praxisnahes Äquivalent hinzuzufügen, studiert Bruckner die Musikliteratur von der Klassik bis zu seinen Zeitgenossen; dabei wird er von dem zehn Jahre jüngeren Kapellmeister des Linzer Theaters Otto Kitzler angeleitet. Dieser macht ihn erstmals auf Richard Wagner aufmerksam, studiert mit ihm die „Tannhäuser“ Partitur. Die soghafte Wirkung von Wagners Chromatik, sowie die ungeahnten Möglichkeiten der enharmonischen Zweideutigkeit, lösen bei Bruckner eine positive Schockwirkung aus. Ein initiales Erlebnis, welches seinen bisher gemächlich geschichteten musikalischen Boden kräftig ins Wanken bringt. (Nicht unähnlich der Bach-Erfahrung Mozarts ab dem Jahr 1782 /Studium vor allem der Bach´schen Klavierfugen, Aneignung deren Kompositionstechnik /1789 hört Mozart in der Thomaskirche Leipzig die Kantate „Singet dem Herrn ein neues Lied“ - daraufhin intensive Beschäftigung mit Werken J.S. Bachs)
Bruckners Kompositionstechnik richtet sich nun innovativ danach aus, den erlernten „strengen Satz“ und Wagners hochexpressive Chromatik zur Synthese zu führen: eine sehr eigenständige, von religiöser Mystik geprägte Klangwelt entsteht. Mit 42 Jahren liegt die 1. Sinfonie vor – von ihm selbst „das kecke Beserl“ genannt.
Dann tritt eine folgenreiche Veränderung seines bisherigen Lebens-Horizontes ein. Bei der dritten Vorstellung von „Tristan und Isolde“ am 19. Juni 1865 sitzt Bruckner im Publikum. Anlässlich dieses Münchner Aufenthaltes kommt es zur persönlichen Begegnung mit Richard Wagner, der Gefallen an dem Kollegen findet und ihm gehörig Selbstvertrauen mit auf den Weg gibt. Auf Einladung Wagners erlebt Bruckner 1876 die Uraufführung des „Ring“, sowie 1882 die Uraufführung des „Parsifal“ bei den Bayreuther Festspielen. Auch lädt er den „armen Organisten Bruckner aus Wien“ gerne in die Villa Wahnfried. Anschaulich schildert der Maler G.A. Kitz wie Wagner – nachdem er von seinem Diener ein Fäßchen Bier hat aufstellen lassen – den Gast zu einem Umtrunk überredet. „ Ich hörte nur, daß von Musik gesprochen wurde, der fremde Herr (Bruckner) von der Begeisterung der Wiener über den „Lohengrin“ erzählen wollte und Wagner immer abwehrend sagte: „Ach, lassen Sie das, ich kenne das, da kommt ein Schwan mit einem Ritter, das ist einmal etwas Neues und anderes, hier trinken Sie lieber, das ist ein herrlicher Trunk, „Weihenstephan“, und dabei hielt ihm Wagner ein volles großes Glas hin – „auf Ihr Wohl!“ – „Um Gotteswillen, Meister, das kann ich ja nicht und wäre es mein Tod, ich komme ja soeben aus Marienbad!“ – „Ach was“ rief Wagner, „das macht Sie gesund, trinken Sie!“
1868 tritt Bruckner die Nachfolge Simon Sechters an: Berufung an das Konservatorium Wien als Hoforganist, Lehrer für Orgelspiel, Kontrapunkt und Harmonielehre; 1875 ergänzt ein kaum honorierter Lehrstuhl an der Universität die Anstellung. Er bleibt ein Fremder in der Weltstadt Wien. Unbeholfen und schrullig wirkend, tappt er durch das alltägliche Getriebe der Kaiserstadt. Ein eigensinniger Provinzler, der den raffiniert-gefädelten Intrigen in der Kunstmetropole ebenso schutzlos wie unverständig begegnet. Sein Mißtrauen, und die als Unterwürfigkeit wahrgenommene Demut führen dazu, daß hilfreiche Kontakte und die von Bruckner als Lebenselixier stets herbeigewünschte Anerkennung ausbleiben. Einzig die gewissenhafte Erfüllung seiner Lehrpflicht gibt äußeren Halt und wird von den Schülern mit Respekt gelohnt.
„Er wirkt auf seine Umgebung skuril, in Habit und Haltung. Ihm fehlt der bürgerlich-sichere Umgangston. Das soll sein Leben lang so bleiben. Erfolge machen ihn unsicher, Mißerfolge treffen ihn tief. Unbeirrbar hängt er seinem katholischen Glauben an, kann ohne Beichte und Abendmahl nicht leben. Sich durchzusetzen, vertraut er allein auf Leistung, auf Können, das er sich nach wie vor gern und oft in Prüfungen und Zeugnissen bestätigen läßt. Auch der Traum von einem gutbürgerlichen Heim, von Ehe und Familie, wird nie ausgeträumt. Bis ins Alter wird er sich immer wieder aufs neue verlieben und ebenso vergeblich auf weibliches Verständnis hoffen.“ (Hansjürgen Schaefer /Bruckener - Henschel Verlag)
Neben seiner Lehrtätigkeit und den auch international hochgeschätzten Auftritten als virtuoser Organist, richtet sich Bruckners Kraft fortan in zunehmendem Maße auf das Komponieren. In der mönchischen Einfachheit seiner Wiener Behausung entsteht in den Jahren bis zu seinem Tod 1896 das zentrale Werk: die Sinfonien. Durch sie begründet der einzelgängerische „Spätentwickler“ seinen bleibenden Nachruhm, wenngleich dieser auch durch die Tücke der sprichwörtlichen Wiener „Falltüren“ zunächst verhindert wird. Bruckner bekommt zu spüren, was später Karl Farkas treffend formuliert: Wir Wiener blicken vertrauensvoll in unsere Vergangenheit.
Wurden die ersten beiden Sinfonien noch wohlwollend kommentiert, so kommt es bei der Uraufführung der 3. Sinfonie am 16. Dezember 1877 zu einem Eklat – von den Wiener Philharmonikern zunächst abgelehnt und dann nur mit Widerstand ausgeführt, verlassen während der Aufführung große Teile des Publikums den Goldenen Saal des Wiener Musikvereins. Bruckner selbst, unerfahren und zunehmend verängstigt, stand am Pult des Orchesters den Abend durch – anschließend war er „gerupft“... Einen vermutlich nicht unbeträchtlichen Anteil an diesem Debakel war der Tatsache geschuldet, daß Bruckner selbst Öl ins Feuer gegossen hatte, nachdem er 1873 die 3. Sinfonie seinem Idol Richard Wagner zur Widmung antrug, und dieser ihn mit den Worten „ Lieber Freund, mit der Dedikation hat es seine Richtigkeit, Sie bereiten mir mit dem Werke ein ungemein großes Vergnügen“ in nahezu besinnungslose Euphorie versetzte. Die „Wagner-Sinfonie“ Anton Bruckners besiegelte seine grenzenlose Verehrung für den Bayreuther Meister! Damit aber wurde er im wahrsten Sinne des Wortes zum „Bauernopfer“ der in Wien zahlreich vertretenen Anti-Wagnerianer die nun begannen, angefeuert vom berüchtigt–gefürchteten Musikkritiker Eduard Hanslick, eine beispiellose Brahms /Bruckner Kontroverse zu initiieren. Brahms selbst sparte nicht mit sarkastischen Kommentaren und das Bonmot Hans von Bülows über Bruckner: „Halb Genie, halb Trottel“ dürfte auch ihn zum Schmunzeln gebracht haben... Indes: die Brahms`sche Polemik wirkt letztlich fremdgesteuert, nicht wirklich vereinbar mit seinem bekanntermaßen friedliebenden Naturell. „Wenn Max Auers Auskunft zutrifft, daß es bei Bruckner „sich garnicht um Werke, sondern um einen Schwindel“ handele, „der in ein bis zwei Jahren erledigt sein wird,“ dann hat Brahms selbst sich den Zwang auferlegt immer wieder neu zu reflektieren, weshalb der „Schwindel“ sich nicht erledigte, die Erwartung mithin schwach oder falsch fundiert sei. (Peter Gülke – Brahms/Bruckner)
„Alles hat seine Grenzen. Bruckner liegt jenseits. Über seine Sachen kann man nicht hin und her, kann man nicht reden. Über den Menschen auch nicht. Er ist ein armer, verrückter Mensch, den die Pfaffen von St. Florian auf dem Gewissen haben. Ich weiß nicht, ob Sie eine Ahnung davon haben, was das heißt, seine Jugend bei den Pfaffen verlebt zu haben? Ich könnte davon und von Bruckner erzählen“ (Johannes Brahms an Elisabeth von Herzogenberg)
Diese Äußerung verfehlt aus heutiger Sicht die Wahrheit – „ dieser näher käme der Versuch nachzuvollziehen, weshalb in den Augen der Zeitgenossen Welten zwischen den beiden lagen, und inwiefern die Kontroverse, aller unsachlichen bis abscheulichen Zuspitzungen unerachtet, im Sinne einer Selbstdefinition der Protagonisten nicht auch notwendig und nützlich war. (...) Brahms konstruiert in seinen großen Formen aus dem Hier und Jetzt je eine neue Welt, Bruckner erschaut in ihnen ein Analogon zu schon Gegebenem und Bestehendem. Das hilft am ehesten – gewiß nicht vollständig – zu erklären, weshalb dieser dem Charakter und Lebenszuschnitt nach eher für Organisten- oder Kantorenämter geschaffene Mann riesenhafte Symphonien komponierte, soweit man diese nicht – ebenfalls halbrichtig – als Machtausübungen eines Mannes deuten will, der sich im täglichen Leben nur
Für Bruckner verschärfte sich die Lage in Wien – Akzeptanz und Anerkennung rückten in weite Ferne. So kam der eigentliche „Durchbruch“ erst 1884 durch die Uraufführung der (König Ludwig II. von Bayern gewidmeten) 7. Sinfonie im Leipziger Gewandhaus unter Leitung von Arthur Nikisch zustande. Weitere Aufführungen der 7. Sinfonie in Köln, Amsterdam, Chicago, New York und Boston weckten jetzt auch das internationale Interesse. Zuvor brachte die Wiener Uraufführung der 4. Sinfonie 1881 unter Hans Richter zwar einen durchschlagenden Erfolg, die 5. und 6. Sinfonie ernteten aber nur Verständnislosigkeit (beide Sinfonien hat Bruckner übrigens nur teilweise, und nie im endgültigen Orchesterklang gehört – die 9. Sinfonie erlebte er nur noch auf dem Papier).
Unverhofft aber zeichnet sich mählich auch in Wien eine Wende zugunsten des alternden Komponisten ab. Das am 2. Mai 1885 erstmals aufgeführte „Te Deum“, vor allem aber die Uraufführung der 8. Sinfonie am 16.12. 1892 mit den Wiener Philharmonikern ( jeweils unter der Leitung von Hans Richter) wurden als legendär gewertet - unaufhaltsame Erfolge eines Aussenseiters. Unterstützt von seinem Schülerkreis – allen voran der genialisch veranlagte Hugo Wolf – erfährt Bruckner endlich das Selbstwertgefühl eines Anerkannten. Zunehmende Wertschätzung und Ehrungen erreichen den zurückgezogen Lebenden. Vor allem die Ehrendoktorwürde der Universität Wien, sowie der am 9. Juli 1884 verliehene Kaiser Franz-Joseph Orden heben Bruckners Ansehen in der Öffentlichkeit und rühren ihn persönlich. Bereits ab1885 wird eine Herzmuskelerkrankung bei ihm diagnostiziert, welche verstärkt zu Wasseransammlungen führt; auch werden die zunehmenden Migräneanfälle zur Last. Trotz der sich drastisch verschlechternden Gesundheit erhält Bruckner sein schöpferisches Potential – er ringt um die letzten Aussagen seiner Berufung. Die 1887 begonnene Arbeit an der 9. Sinfonie kommt mühsam voran, wird ihn bis in die letzten Lebenstage beschäftigen und unvollendet bleiben. Von seinen Ämtern wird er ab 1890 freigestellt, auch die Tätigkeit als Organist stellt er ein und er entzieht sich alltäglicher Geselligkeit. Deutlich stiller wird es um ihn in der Heßgasse 7. Die treue Haushälterin „Kathi“ Kachelmayer wird der ruhende Pol seiner letzten Jahre, nicht zuletzt um unerwünschte Besucher fernzuhalten wenn er beim „kombinieren“ war, wie sie es zu nennen pflegte. Besorgt um seine Gesundheit, mahnte sie gutmeinend zu weniger Arbeit. Darauf Bruckner: „Was verstehst denn du davon? Man muß komponieren wann an was einfallt. Wissen`s wer i bin? I bi da Bruckner! Worauf er die Antwort bekam: „Und i bin di Kathi!“
„Dem lieben Gott“ („Wann er mir`s no fertigbringa laßt...“ ) widmet der Rastlose seine letzte Gabe. In der 9. Sinfonie findet Bruckner zur innigsten Zwiesprache mit der göttlichen Sphäre - sie wird (nach seinen eigenen Worten) der „Abschied vom Leben“. Das absolute, „zu Fragen“ entschlossene Suchen, evoziert den Versuch eines Brückenschlags in die Übersinnlichkeit. Die ultimativ-verdichteten Aussagen, oftmalig zielgerichtet zu eruptiven Höhepunkten geführt und sich in teils schmerzhaften Klang-Sprengungen (Tredezimenakkord im finalen Adagio!) aufbäumend, suchen den Dialog mit dem Letzten. Gebotener Abstand: in der zu ahnenden Resonanz scheint das Un-Sagbare auf.
Bruckners diesseitiger Weg nähert sich dem Ende, er fühlt die letzten Schritte seines Lebenskreises. „ Das Adagio der d-moll-Symphonie erscheint in diesem Wissen als eine autobiographisch motivierte Komposition, und dies in zweifacher Hinsicht. Einerseits ist es geprägt von schmerzerfülltem, subjektivem Ausdruck, wie er sich unmittelbar in den hochexpressiven Eröffnungstakten kundtut. Andererseits erweist sich der Satz als ein tiefempfundenes Glaubenszeugnis: Gebet und Bekenntnis im Angesicht des Todes. Denn unüberhörbar paraphrasiert das Hauptthema in seiner Schlußwendung jenes aus dem Gralsthema des Wagnerschen Parsifal vertraute Dresdner Amen (eine Klausel der sächsischen Liturgie), um nach einem wenige Takte umfassenden Crescendo in einem visionären, lichtdurchfluteten Klang aufzugehen, der von einem kurzen Motiv in der ersten Trompete gekrönt wird: dem „tonischen Symbol des Kreuzes“ (Abfolge großer Sekunde und kleiner Terz), wie Franz Liszt es nannte, aus dessen Graner Messe Bruckner diese religiös-musikalische Chiffre übernahm“ (Wolfgang Stähr – Bruckner/Bärenreiter Verlag).
Was sollte nach dieser Musik noch kommen? Hatte „der liebe Gott“ Bruckners Wunsch nach tatsächlicher „Vollendung“ der Sinfonie - im Sinne einer Suche, und nicht einer „Vollständigkeit“ - erhört?
„ENDEN WERDE ICH LEISE
INS LICHT ENTSCHWINDEND,
MIT ALLEM SCHWERELOS VERBUNDEN.
ES WIRD ERFÜLLTE STILLE SEIN.“
Gottfried von Einem
Das „Kustodenstöckl“ am Rande des Schlossparks von Belvedere wird ab Juli 1895 Bruckners letztes Refugium. Kaiser Franz Joseph stellt ihm die Räume zur Verfügung. Spaziergänge im Park und das Verweilen auf der „Brucknerbank“ werden zur Labsal für den Gebrechlichen. Letztmalig hört er, bereits im Tragesessel, anlässlich eines Konzertes am 12. Januar 1896 ein eigenes Werk: das „Te Deum“. Sein Dahindämmern schreitet voran, der Tod bringt am 11. Oktober die erlösende Ruhe. Unter großer Anteilnahme der Bevölkerung richtet die Stadt Wien die Trauerfeier für die „Leiche erster Klasse“ in der Karlskirche aus – auch Johannes Brahms gibt ihm die letzte Ehre. Der goldbronzene Sarkophag wird anschließend nach St.Florian überführt. Bruckners testamentarisch verfügter Wunsch, in der Kirchen-Gruft unter der großen Orgel seine letzte Ruhestatt zu finden, wurde erfüllt.
Daniel Beyer Mai - 2011
GUSTAV MAHLER
Kindertotenlieder
Kindertotenlieder
Sommer 1901 und 1904 in Maiernigg/ Wörthersee Texte aus der Anthologie „Kindertodtenlieder“ von Friedrich Rückert
In diesem Wetter Mit ruhelos schmerzvollem Ausdruck AUFBEGEHREN - WIEDERSEHEN IM JENSEITS ? Unwetter bricht herein, die tobende Natur stürmt über das Land. Schaurig zuckende Blitze (sowohl in der Singstimme, als auch im Orchester drastisch illuminiert) beleuchten den letzten Weg der Kinder – eine Rückkehr zu den Eltern schenkt ihnen ihr junges Leben nicht mehr! Deren Leid betäubt sich in vorwurfsvollem, selbstzernagendem Lamento: „In diesem Wetter, in diesem Braus, nie hätt ich
Daniel Beyer Mai - 2011
Papillons für Carlos Kleiber
„Und in dem Wie, da liegt der ganze Unterschied“
Er wollte keine Spuren hinterlassen.
Dass sie unvermindert aufleuchten, er bei all jenen unvergessen bleiben wird,
Dass sie unvermindert aufleuchten, er bei all jenen unvergessen bleiben wird, die mit der überwältigend-wahrhaften Höhenluft seines Musizierens in Berührung gekommen sind, umkreist jene Sehnsucht nach dem Absoluten, welche er bei seinem Griff nach den Sternen vermitteln konnte.
Carlos Kleiber – Einer wie Keiner.
Was nicht alles ist versucht worden, um die singuläre Faszination, den magnetischen Sog, den glühenden Rausch seiner Auftritte beschreibend in Worte zu fassen. Und wie unzureichend, weil unmöglich, kann solch ein Bemühen nur bleiben? Entzieht sich doch der Moment, das Unwiederholbare der Fixierung. Wer es begreift, sich dem „Alles oder Nichts“ anvertraut, ist reich beschenkt, denn er hat die Musik und auch das Leben auf seiner Seite.
Carlos Kleiber wusste dies nicht nur, es war ihm Voraussetzung, um das Un-erhörte erlebbar zu machen. Das Aufblühen des Moments war seine Lebensluft, das sensitive Ausloten einer Partitur, hin zu ihren Nervensträngen, machte er zum Ereignis. Er umarmte die Musik und ermöglichte, dass sie in ihrer ganzen Grösse und Ausdrucksvielfalt frei atmen konnte. Die extreme Spannweite seiner emotionalen Möglichkeiten, Hingabe und Entfesselung bis an die Grenzen, und auch darüber hinaus, begründeten seine einzigartige, nahezu hypnotische Wirkung auf Musiker und das Publikum. Dass die Musik, und nur die Musik, den Raum füllen, und ihren wahren Gehalt entfalten konnte, zeichnete sein Ringen aus. Auf dem Hochseil, immer die Fallhöhe vor Augen, folgte er bedingungslos der Intention des Komponisten. Er hatte verinnerlicht, dass diese nicht verhandelbar, sondern zu schützen ist. Ich hörte ihn sagen: “Wenn sie einen Schmetterling berühren, ist es vorbei mit seinem Flug“.
Fliegen um anzukommen.... Anzukommen in einer Sphäre, in der das Eigentliche geschieht, Spiegel aufscheinen, Erkennen und Wiederfinden möglich werden.
Mit dem Anspruch, den Aussagen, dem Extrakt der Kompositionen zu begegnen, ihnen ihre Leuchtkraft zu entlocken, ist Kleiber „geflogen“ – kompromisslos und verletzbar.
Sein Taktstock, nicht selten wie eine Wünschelrute züngelnd, führte in emotionale Dimensionen, die keinen Rückweg kennen.
Seine Nervosität vor Auftritten hat ihm (und seiner Umgebung) das „Hinausgehen“ nicht leicht gemacht. Der Beginn einer Vorstellung, zuweilen auch deren Fortsetzung, hing nicht selten am sprichwörtlich seidenen Faden. Anlässlich einer überwältigenden „La Bohème“ Aufführung bei den Münchner Opernfestspielen 1979 mit Mirella Freni und Luciano Pavarotti, geriet der frenetisch Bejubelte in der Pause derart ausser sich, dass bis zum 3. Klingelzeichen unsicher war, ob er wieder ans Pult zurückkehren würde. Seine Fassungslosigkeit über das zu frühe Einsetzen der Bühnenmusik am Ende des 2. Akts, welches einen deftigen „Schmiss“ zur Folge hatte, jagte der verantwortlichen Umgebung kalte Schauer über den Rücken – ebenso die Verzweiflung in seinen Augen.
Der Schockmoment, als Kleiber 1976 an der Mailänder Scala anlässlich der „Otello“-Premiere die üblen Beschimpfungen der „Loggionisti“ abwartet, und dann im einzig richtig-möglichen Augenblick den Taktstock zum 3. Akt hebt, ist dokumentiert (youtube).
Eine Ahnung davon, was in jenen Sekunden in ihm vorgegangen sein muss, verrät sein Gesicht.
Fern aller behäbigen Selbstsicherheit, sein Gang zum Pult: immer wieder aufs Neue habe ich seine Überwindung dieser Meter wie ein „Erstes Mal“ empfunden. Eilige Schritte, in einer Mischung aus Zerbrechlichkeit, Hochspannung, und dem Fügen in das Unausweichliche.
Und dann die sofortige Befreiung mit dem ersten Ton! Das bitter-herbe Flimmern des Traviata-Preludios, der explodierende „Champagnerkorken“ der Fledermaus-Ouvertüre, die gleissend-zündende „Carmen“-Initiale, der Otello-Furor, die sehnende Glut des Tristan-Vorspiels, oder der mitreissend-oszillierende Schwung des „Rosenkavalier“-Beginns: Welten öffneten sich!
Warum klang alles wie zum ersten und letzten Mal? So unwirklich, weil wahr?
Nur Annäherungen an diese Fragen scheinen möglich....
Seismographisch genau wirkte Kleibers Fähigkeit, das Wesentliche, die Aussage einer Oper oder Sinfonie zu erkennen und freizulegen. “Spüren, was gemeint ist“. Die Authentizität der Inhalte konnte er Sängern und
In dem von Kleiber so unvergleichlich dirigierten „Rosenkavalier“ war dieses Changieren beispielsweise ständig spürbar: unerreicht, wie er den oftmals kaum beachteten „Small-Talk“ der Figuren strukturierte, mit Tempo versah und plastisch ins Geschehen einband. Das Glitzern, den „ewigen Schnee“ - wie er die Musik nach der Überreichung der silbernen Rose während einer Probe einmal nannte - den Herbstwind der Vergänglichkeit, den deftigen Humor des Ochs und seiner Bagage, die Walzer und Falltüren, den Glanz dieser wunderbaren Oper – er hat sie zum Klingen gebracht wie kein Anderer!
Nicht auszudenken, hätte Carlos Kleiber Opern wie Don Giovanni, Fliegender Holländer, Tosca, Gianni Schicchi, Salome oder Bajazzo dirigiert. Auch Don Juan oder Till Eulenspiegel von Richard Strauss wären jede Reise wert gewesen....
Die akribisch von ihm eingerichteten Orchestermateriale, die „Wunschzettelchen“, welche er oftmals den Musikern vor einer Vorstellung auf die Pulte legen liess, waren ihm wichtig. Sie waren Ausgangspunkt für das Miteinander.
Seiner eleganten Gestik konnte sich dann vollends keiner mehr entziehen! Die völlig unabhängig agierenden Hände, ebenso präzise wie suggestiv gestaltend, Zartheit wie strömende Energie vermittelnd, konnten das Unsagbare übertragen, Zwischenräume öffnen.
Bei aller Gewissenhaftigkeit und minutiösen Sorgfalt, mit welcher er sich den Partituren verband, war bei der Ausführung über allem jene Schwerelosigkeit zu spüren, die er in sich trug.
„Haben Sie das Konzert mit Dany Kaye und New York Philharmonic gesehen?“ fragte er mich einmal. „Wunderbar, wie er dirigieren kann – so leicht...“
Kleiber hatte Humor. Wie mit dem Florett serviert, konnte er mit blitzschnellen Bemerkungen Heiterkeit verbreiten, die Dinge treffend auf den Punkt bringen.
Berühmt wurde sein (im Spiegel abgedruckter) genialer „Brief aus dem Himmel“ an Sergiu Celibidache, mit der Überschrift: „Wo du hinkommst, wird besser gekocht“.
Dem Musikkritiker Joachim Kaiser schrieb er eine seiner gern verschickten Postkarten. Jener hatte Carlos Kleibers Aufnahme der 5. Sinfonie von Beethoven mit der seines Vaters, Erich Kleiber, verglichen und schrieb als Resümee: „Wenn Kleiber, dann Erich“.
Darauf Carlos Kleiber: „Wenn Richard, dann Wagner – wenn Strauss, dann Johann – wenn Kaiser, dann Schmarrn“.
Anlässlich einer „Traviata“-Probe an der MET ärgerte sich der Sänger des Germont, Wolfgang Brendel, zunehmend über technische Pannen und Unruhe auf der Bühne, worauf ihm Kleiber zurief: „Wolfgang, was regst du dich auf ? Wir sind in einem Indianerland“.
In der Kantine der Bayerischen Staatsoper erlebte ich folgende Begebenheit: ein Musiker des Bayerischen Staatsorchesters wollte mit Kleiber Termine für anstehende Proben einer Konzerttournee abklären. Übereifrig und beflissen versuchte er, die von Kleiber gewünschten Probezeiten etwas zu reduzieren, bzw. Termine zu tauschen. Das Gespräch geriet immer mehr in die Enge, der Musiker insistierte immer penetranter, worauf Kleiber auf einmal sagte: „Reden Sie ruhig weiter, ich hör Ihnen schon lang nicht mehr zu“.
In selbiger Kantine lud Kleiber übrigens bei jeder Fledermaus Silvester-Vorstellung das Bayerische Staatsorchester zum Champagner (nicht Sekt!!) ein. Und zwar nicht Glas – sondern Kistenweise...
Augen-Blicke, die nicht verblassen –
Im 3. Akt des „Rosenkavalier“ bekreuzigte sich Kleiber üblicherweise vor der berüchtigt schweren Passage „Zur Stelle“ (Partitur ab Ziffer 156)
Oft stand zum 2. Akt ein Wasserglas auf seinem Pult; bei Faninals Frage: „Ein Wein? Ein Bier? Ein Hypokras mit Ingwer? nahm er meist einen Schluck und prostete dem Sänger des Ochs zu.
1976 kam es in München mit dem Dvorak Klavierkonzert zur Zusammenarbeit mit Sviatoslav Richter, Kleibers einziger Aufnahme für EMI. Aufgenommen wurde im Festsaal des ehemaligen Bürgerbräukeller, der wegen seiner geeigneten akustischen Voraussetzungen über viele Jahre hinweg ein beliebter Aufnahmeort war. Kleiber und Richter, in einem mit Löwenbräu-Fahnen behängten, nach Bier und kaltem Rauch riechenden Saal agieren zu sehen, war die Skurilität pur! Die Sitzungen verliefen in merklicher Anspannung, zumal Richter von dem immer wieder hörbar knarzenden Klavierstuhl irritiert war, und ihm auch der anwesende Klavierstimmer nicht behagte.
Immer wieder kam es zu Unterbrechungen, Richter verliess wortlos den Flügel, lief den langen Saal ab, setzte sich dann wieder und führte den Take kommentarlos fort. In einem der Aufnahmetermine, als sich die Stimmung einem bedenklich porösen Punkt näherte, flog plötzlich eine der grossen Flügeltüren auf, zwei Bierfahrer in Unterhemd standen in der Tür und riefen, ob sie hier mit der Bierlieferung richtig seien, worauf das ganze Orchester in schallendes Gelächter ausbrach. Die Gesichter von Richter und Kleiber in diesem Moment hätten für die Ewigkeit festgehalten werden müssen....
Kleibers „Tristan“ Dirigate von 1974 bis 1976 auf dem Grünen Hügel, gerieten zur Legende.
Gefilmt im Bayreuther Orchestergraben, existiert ein überwältigender Video-Mittschnitt des „Liebestod“. Was hier zu sehen und zu hören ist, entzieht sich jeder Beschreibung. Der tönende Kosmos der Tristan-Partitur selbst leuchtet hier in einem Glanz, einer Sehnsucht und Schwerelosigkeit, die das Hier und Jetzt in weiter Ferne entschwinden lässt. Die Einzigartigkeit von Kleibers Dirigier-Gestik, seiner Ekstatik, seiner an alle Fasern angeschlossene Elastizität, ist in dieser Aufzeichnung sehr klar zu erkennen. Wie unter Wasser, gleitend, mit immer länger werdenden Armen lenkt dieser Ausnahme-Dirigent das Geschehen, läuft die Musik ihrer finalen Verklärung zu.
Der von mir so benannte „Silberglanz“-Akkord, (Partitur Ziffer 284) der in jeder „Rosenkavalier“-Aufführung mit Carlos Kleiber wehmütig-schillernd die Zeit stehen liess, hat nie aufgehört in mir zu klingen... Er ist ein unverlierbares Geschenk geblieben! Zwischen dem (tonlosen) „Gar nix“ der Marschallin, und dem Diadem des Terzetts steht dieser Klang (ein „gewöhnlicher“ Dominantseptakkord auf As) in seiner unerklärlichen Reinheit, seinem Zauber.
Beides war Carlos Kleiber überreich mitgegeben.
Am 13. Juli 2004 ist er gegangen. Die Sterne, nach denen er gegriffen, und welche er so kostbar funkeln lassen konnte, hat er zurückgelassen...
Erstmalig erlebte ich Carlos Kleiber anlässlich einer „La Traviata“- Vorstellung im Herbst 1976 an der Bayerischen Staatsoper, München. In den folgenden 12 Jahren, bis zu seiner letzten „Fledermaus“-Vorstellung im Jahr 1988, besuchte ich die meisten seiner Aufführungen an diesem Haus. Es waren: La Traviata, Rosenkavalier, Fledermaus, Otello und La Bohème. Ausserdem hörte ich einige Konzerte und Proben mit dem Bayerischen Staatsorchester unter seiner Leitung (darunter die einzige von ihm dirigerte Aufführung der „Pastorale“), sowie das „Silvesterkonzert“ am 31.12. 1989 mit den Wiener Philharmonikern und die „Rosenkavalier“-Vorstellung am 21. März 1994 an der Wiener Staatsoper. Für das zweite Konzert mit den Berliner Philharmonikern im Jahr 1994 hatte ich keine Karte mehr bekommen, sie wurde mir wie durch ein Wunder 1 Minute vor Konzertbeginn geschenkt! Das Programm enthielt Beethovens Coriolan Ouvertüre, die Mozart Sinfonie KV 319 und die Vierte Sinfonie von Brahms.
Jede der Aufführungen mit Carlos Kleiber hat einen unvergesslichen Eindruck bei mir hinterlassen. Mehr noch: ihre Wirkungen und Klänge begleiten mich bis heute.
Daniel Beyer
Attersee – August 2019
Meinem Vater zum 80. Geburtstag
„Ohne Musik wär’ alles nichts“ (Mozart)
Lieber Jubilar!
Du wirst es kaum glauben, aber auch bei uns hier
oben gibt es so etwas wie einen Stammtisch.
Du wirst es kaum glauben, aber auch bei uns hier oben gibt es so etwas wie einen Stammtisch. Als wir unlängst beisammen sassen meinte unser Nestor, der gute alte JOHANN SEBASTIAN, bei einem uns wohlbekannten Musiker in München stünde demnächst ein runder Geburtstag an, ein ziemlich runder sogar, und dieser Tag – zweimal skandierte er das Datum mit sächsischer Bestimmtheit – solle unsererseits nicht sang- und klanglos verstreichen. Gratulation sei angesagt, und die nicht zu knapp. Schliesslich hätten wir allen Grund dazu, denn wir seien (ausnahmslos) sehr stolz auf Dich, und das solltest Du nun auch mal wissen!
Ausgerechnet IGOR, der gerade in eine himmlische Weisswurst biss, musste natürlich wieder witzeln: “Das Geheimnis des Glücks ist es, statt der Geburtstage die Höhepunkte des Lebens zu zählen“ meinte er süffisant. Der pikierte Blick von JOHANN SEBASTIAN, begleitet von einer etwas schnoddrigen Bemerkung über IGOR`S horrendes Honorar der „Psalmen-Sinfonie“ , liess seine Brillengläser indes ein wenig beschlagen, und ihn rasch zum Ursprung unserer gemeinsamen Absicht zurückkehren. Seine zu recht gestellte Frage, wie man denn zu gratulieren gedenke, löste vorübergehend eine gewisse Unschlüssigkeit aus, zumal unser aller persönliches Erscheinen ohne Vorwarnung mit Sicherheit die Küche des Jubilars überfordern würde, wie der gute REGER MAX schnaufend meinte und mit der Bemerkung über seinem Sauerbraten versank, die Sossen würden in letzter Zeit auch hier oben immer dünner.
Im Hinblick auf die weite Reise sei ausserdem das doch recht fortgeschrittene Alter der meisten Gratulanten – JOHANN SEBASTIAN wird am 21. März immerhin rüstige 316 – sowie der Kostenfaktor zu bedenken. Eine Senoirenermässigung himmelabwärts wurde von unserem obersten Leitungsteam bisher nämlich nicht für effizient befunden.
Schliesslich meinte der gütige HAYDN, man solle doch den nach München schicken, der mit dem Jubilar beruflich bisher am engsten zusammengearbeitet habe, worauf eine etwas eigenartige Pause entstand welche ich offengestanden dazu nutzen wollte, den Tisch einmal kurzfristig zu verlassen. Aber dazu kam es nicht mehr: Ich hatte mein Hinterteil noch nicht von der Bank erhoben, da riefen alle in dröhnendem Unisono: WOLFERL, DU !!!
Mein verdutztes G`schau, sowie der Versuch eines zaghaften Einwandes ging bereits im allgemeinen Gläserklingen unter und insgeheim dachte ich: „Ja, warum eigentlich nicht ich?“ Wir kennen uns mittlerweile erstaunlich lang, und der Zeitpunkt könnte besser nicht sein, Dir endlich einmal aus meiner Sicht ein wenig zu erzählen
Fangen wir einmal damit an, dass ich ja nicht einmal halb so alt wurde, wie Du jetzt bist. Zugegeben, meine letzten Tage in Wien habe ich nicht in der besten Erinnerung – es ging auf einmal doch alles sehr schnell. Ich weiss natürlich, dass später viel darüber gesprochen und gerätselt wurde wie es mir möglich war, in 36 Jahren (genauer: in 30 Jahren, denn ich begann das Komponieren mit 6) eine solche Fülle von Musik zu komponieren, noch dazu in den verschiedensten Gattungen. Meine ehrliche Antwort ist: Ich weiss es nicht. Alles fiel mir von Anfang an nicht schwer, und das Komponieren selbst erlebte ich eher wie das Ordnen und Proportionieren von bereits vorhandenem Material. Die Mühelosigkeit der melodischen und harmonischen Einfälle, sowie die Kontraste des Bitter-Süssen bedrängten mich zuweilen fast. In meiner Musik hingegen, ist von Mühen nicht viel zu spüren – eher von Gefühl. Das finde ich wichtig.
In Einzelheiten möchte ich mich jetzt nicht verlieren, denn Du kennst mein gesamtes Werk, und Deine Gäste wären über längere Ausführungen vielleicht etwas gelangweilt. Nur soviel: Dass das „Requiem“ nicht fertig wurde war wirklich nicht meine Absicht, und es tut mir sehr leid, dass Dich die Fertigstellung immerhin 40 Jahre beschäftigt hat. Das wollte ich nicht! Hätte ich noch 3 Monate gehabt, dann hättest Du Hobbies pflegen können wie andere Musiker auch: Den Segelschein machen, abstrakt in Öl Malen, eine Schmetterling-Sammlung anlegen, Mountain-Biken in der fränkischen Schweiz, oder einfach mal mit der Familie an den Titi-See fahren...
Naja, aber was wäre Dein Leben ohne mein unfertiges „Requiem“ gewesen? Ohne 3.Posaune und „Quam olim Abrahae“, Stimmführungs- und Instrumentationsfragen, Ärger mit dem schweizer Verleger, der den richtigen Zeilenabstand und die Wendestellen einfach nicht kapiert, oder auch noch der Zoff mit UNITEL wegen nicht abgerechneter Tantiemen (ganz unter uns: Ich habe meine bis heute nicht gesehen). Wie hat ein deutscher Bundeskanzler immer gesagt: „Wichtig ist was am Ende dabei rauskommt“. So gesehen, haben wir beide bisher viel voneinander gehabt. Heute möchte ich Dir dafür danken, dass mein letztes Werk bisher und künftig nicht in Kitsch- und Weihrauch-harmonien, sowie mit einer Unzahl von Fehlern in den Kirchen und Sälen der Welt erklingen muss. Danke Franz, Du hast ganze Arbeit geleistet!
(Mal ganz ehrlich: Kein Komponist hätte es besser machen können, geschweige denn mit solch zäher Gewissenhaftigkeit – da hast Du mir manches voraus).
Übrigens meint das auch LENNY, mit dem ich neulich mal ein paar meiner Stücke vierhändig durchgespielt habe. Dieser BERNSTEIN ist nebenbei gesagt ein teuflisch guter Pianist, und ich kam fast ein wenig ins schwitzen, ihm standhalten zu können. Er roch ein bisschen nach Whisky und trägt scheinbar sehr gerne Salzburger Janker – ein sympathischer Kerl! Er liess mich nicht ohne das Versprechen gehen, dem „Eulenspiegel“ in München seine besten Glückwünsche auszurichten.
Um die Sache abzuschliessen: Wichtig ist, dass durch Deine Arbeit das Werk wieder aufführbar geworden ist (wie der brillante LORIN MAAZEL treffend bemerkt hat). Ich persönlich schiebe auch keinen Groll gegen SÜSSMAYER, SALIERI und Konsorten. Was hätten sie anderes machen sollen? SALIERI nennen hier übrigens alle „Toni“ und ich muss sagen, so übel wie sein Ruf ist er gar nicht. Er ist sogar ausgesprochen hilfsbereit und lässt mir ab und zu den Vortritt bei gemeinsamen Bootsfahrten. Die Musik hat er völlig aufgegeben um sich voll und ganz auf seine Tätigkeit als Fährunternehmer zu konzentrieren.
Dabei ist er recht mollig geworden, denn seine Vorliebe für süsse Naschereien ist er auch hier oben nicht losgeworden. Wenn ihm die „Venusbrüstchen in Vanillezucker“ wieder einmal ausgehen, schnorrt er gerne mal ein paar Mozartkugeln bei mir. Du musst wissen: Die Firma Reber/Bad Reichenhall liess es sich nicht nehmen, mir eine Art Leibrente in Form von Mozartkugeln aufzudrängen.
So, nun möchte ich aber meinen Auftrag nicht versäumen, Dir die herzlichsten Glückwünsche und den Dank all meiner Kollegen auszurichten! Manche sind nicht wiederzuerkennen hier oben, wohingegen andere ihrer Eigenart sehr treu geblieben sind und ich dachte mir, vielleicht interessiert es Dich, ein bisschen über sie zu erfahren?
JOHANN SEBASTIAN wird von uns allen wirklich sehr verehrt. Trotz seines hohen Alters übt er noch jeden Tag und verfolgt sehr engagiert den Streit um den Bau der neuen Orgel in der Dresdner Frauenkirche. Auch arbeitet er an einer neuen Orgelschule, die ganz auf den Geheimnissen der Zahlensymbolik basiert. MAX REGER hilft ihm bei der Ausarbeitung meinte aber neulich auf gut bayrisch zu mir: „Da blickt keine Sau durch!“
LUDWIG VAN begegnet man hier mit gemischten Gefühlen. Einerseits ist er sehr humorvoll und ein brillanter Unterhalter auf Einladungen, andererseits bringt er uns alle mit seiner Besessenheit bezüglich der richtigen Metronomisierung seiner Werke fast zum Wahnsinn. Eine japanische Firma hat ein digitales Metronom für ihn entwickelt vor dem er Tag und Nacht sitzt.
Seine Laune ist aber auf den Tiefpunkt gesunken seit er festgestellt hat, dass nun zwar alles richtig metronomisiert ist, er aber seine eigene Musik nicht mehr wiedererkennt. Trost und Ausweg aus dieser absurden Lage scheint ihm in letzter Zeit ein ehemals Wiener Pianist zu sein, den er FRITZ ruft. Es wird zwar auch hier oben nicht gerne gesehen dass er nur nackt spielt, aber BEETHOVEN meint, er sei der einzige, der messerscharfen Rhythmus und Swing vereinen könne, und dazu noch Punkt und Keil unterscheide. Beim Zusammenräumen der Noten kam es kürzlich zu einer wirklich unnötigen Peinlichkeit, als nämlich dem Pianisten eine CD mit dem Titel „Gulda spielt Mozart“ aus der Mappe fiel, war LUDWIG VAN 3 Tage vor Wut nicht ansprechbar. Erst ein Karpfenessen auf meine Kosten und eine Flasche „Schloss Vollrads Riesling“ brachten ihn wieder zum Schmunzeln. Er hört übrigens wieder ausgezeichnet, wie ich beim Zahlen der Rechnung bemerkte. Weil ihm die Summe sehr günstig vorkam, bestellte er aus Trotz noch einen Kaiserschmarrn mit Zwetschgenröster. Als ich ihm am Schluss in den Mantel helfen wollte fauchte er: „Lass die Faxen“. Was wären wir ohne ihn...
Das sieht auch der FRANZL SCHUBERT so, mit dem ich neulich beim Heurigen sass. „Ohne den LUDWIG VAN würden wir ganz schön alt ausschauen“. Sagt ausgerechnet der SCHUBERT, der mit 30 Jahren das Pensum eines 70 jährigen hinterlassen hat. Am meisten freut mich für ihn, dass er jetzt einen phänomenalen Steinway hat, und die Zeiten als er kein eigenes Klavier besass, ferne Erinnerung sind. Er hat eine recht schicke Wohnung am Kahlenberg, und kann die wichtigen Heurigen alle zu Fuss erreichen, was für ihn nicht ganz unwichtig ist. Wie ich nämlich bei unserem sümpfelnden Nachmittag gemerkt habe, ist er auch beim Wein ein Fachmann für „himmlische Längen“. Mir hat er gestanden, dass es für ihn das Grösste sei, ohne Zeitdruck einfach so sitzen zu können. Ein Gefühl, das er ein Leben lang nie hatte. Sehr beeindruckt ist er wohl von einem Tenor der den Vornamen KARL hat. In letzter Zeit haben sie intensiv an der „Schönen Müllerin“ gearbeitet und FRANZ meinte, dieser Schwabe käme seinen Intentionen sehr nahe. Nach den Proben lassen sich die beiden übrigens Unmengen von Maultaschen mit gedünsteten Zwiebeln schmecken.
Wenn sie Glück haben, kommt gelegentlich FELIX vorbei und lädt sie am Ende ein. Er ist ein wirklich sehr beliebter und dazu noch attraktiver Kollege! Gleich nach seiner Ankunft hat er eine Filiale seines elterlichen Bankhauses hier eröffnet mit dem Hinweis, dass wir hier oben nie mehr finanzielle Engpässe zu befürchten hätten. In den ersten Wochen nach der Eröffnung war ständig ein recht gedrungener, stark sächselnder Kollege mit einem mächtigen Samtbarett um MENDELSSOHN herum. Wir alle nehmen an, er hat erreicht was er wollte... (FELIX hat darüber nie gesprochen). Seine Sommernachtstraum-Musik ist wirklich ein Wurf, und auf unserem jährlichen Sommerfest immer der krönende Abschluss. Traditionen haben ja auch was Schönes!
Ich geniesse es immer wieder aufs Neue, nicht mehr in klapprigen Kutschen sitzen zu müssen, sondern meist zu Fuss unterwegs zu sein. Dabei treffe ich öfters auf JOHANNES, der ein geradezu fanatischer Spaziergänger ist und für gute Zigarren meilenweit läuft.
Als BRAHMS ihn unlängst nach einer Probe ein wenig frozelte, das Üben sei auch hier oben erlaubt, gab es ein paar Tage recht dicke Luft, und ich meine den Satz gehört zu haben: „Dann spiel doch Deinen Kram allein oder wende Dich an Schuppanzigh“. BRAHMS lud STRUB daraufhin (allerdings bei sengender Hitze) in ein nobles Gartenrestaurant ein und liess eine Flasche Bordeaux entkorken. Die Folge davon war, dass beide noch am Tisch einschliefen. Der Frieden aber war wieder hergestellt. BRAHMS ist überhaupt ein sehr gutmütiger Charakter und sagte mir unlängst, die ganze Polemik zwischen BRUCKNER und ihm sei damals in Wien künstlich geschürt worden, gemäss dem dortigen Motto: „Immer mal wieder ein Schäuferl nachlegen“. Ich weiss nur zu gut wovon er spricht, und hab` damit ja auch meine Erfahrungen in der „Weaner“ Stadt machen müssen....
ANTON ist aber auch ein spezieller Fall. Er versetzt uns alle seit Wochen in helle Panik, denn er plant eine komplette Neufassung seiner 9 Sinfonien, und das unter Berücksichtigung sämtlicher vorliegender End- und Mischfassungen. Die Universal-Edition Wien, vertreten durch die Herren Nowak und Brosche, hat eine Zusammenarbeit mit BRUCKNER bereits energisch abgelehnt. Diese Nachricht hat sein instabiles Selbstbewusstsein nahezu völlig zur Strecke gebracht. In seiner Not hinsichtlich des Umgangs mit Verlegern, hat er sich jetzt an WAGNER gewandt, der gerade damit befasst ist die Rechte seiner „Ring-Tetralogie“ zum insgesamt siebenten Mal zu verkaufen – an den Meistbietenden. Versteht sich... Wie zu erwarten, brachte RICHARD das Fass zum überlaufen als er mit erhobener Faust in dickem Sächsisch donnerte: Die Halunken kenn` ich schon! Nur Mut Freundchen, un nich kleen beigeben! Wo Bruckner draufsteht muss auch Bruckner drin sein – und zwar in Schweinsleder gebunden!! Alles eine Frage des Selbstbewusstseins!!!“
Daraufhin bekam ANTON fast einen Nervenzusammenbruch und weinte kläglich wie ein kleiner Schulbub. Er schleicht mir jetzt des öfteren hinterher und meint, es sei doch letztlich alles auch eine Frage der Proportionen, und davon hätte ich doch viel Ahnung. Er tut mir schon ein bisschen leid, zumal seine äussere Erscheinung recht zerstreut wirkt. Kürzlich lief er tagelang mit nur einem Hosenträger herum, da er mit dem zweiten irgendwelche Manuskripte zusammengebunden hatte. Er sagte mir neulich, dass er die Aufführung seines Streichquintetts mit dem Melos-Quartett und Dir masstäblich empfand. Dies sei aber nur seine ganz bescheidene Meinung...
Letztlich sind alle besonders nett zu ihm; schliesslich hat er seine 9. Sinfonie ja auch unserem obersten Vorstand gewidmet, und der hält viel von dem Stück.
Manche hier oben gehen einfach ihre ganz eigenen Wege, beispielsweise der GUSTAV. Mit BRUNO WALTER sah er sich in den letzten Wochen mehrfach einen Film über die Tonsprache der Galaxien an und war ganz begeistert. MAHLER plant nämlich ein Pendant zu seinem „Lied von der Erde“. Der Arbeitstitel lautet „Harmonie der Galaxien“ und sieht ca. 6.200 Mitwirkende vor. Als er BRUNO WALTER eröffnete, er sei selbstverständlich als Uraufführungs-Dirigent vorgesehen, setzte dieser sein sparsamstes Lächeln auf und verwies auf seine latente Herzschwäche. Wirklich ein liebenswürdiger Musiker; und ich finde, meine „Prager“-Sinfonie kann er besonders schön zum Klingen bringen.
Leider kann ich mich ja bis heute nicht für das Skatspielen erwärmen, welches mir oft die Gelegenheit bieten würde, mich mit RICHARD STRAUSS an einen Tisch zu setzen. Er ist ein wirklicher Könner seines Fachs, ausserdem breit gebildet und ausnehmend humoristisch. Neulich nahm er mich (nach einem ausgezeichneten Schwammerlessen) beiseite und meinte, er habe sich auch einige Zeit heimlich mit der Fertigstellung des „Requiems“ befasst. In gutem Münchnerisch sagte er: „ Als i dann aber g`merkt hab`, dass i die Posaun im Tuba mirum durch 3 Wagnertuben und ein Kontrafagott ersetzen woll`t, hab`i`s lassn“. Er macht mir übrigens die grössten Komplimente, besonders für „Cosi fan tutte“ die der Beweis dafür wäre, wie man aus Nichts eine Kostbarkeit machen könnte. Naja.... wenn er meint....
Lieber Jubilar, nun hab` ich Dich ziemlich aufgehalten, und komme daher jetzt auch zum Ende, welches mir in meinen Werken meist sehr gut gelungen ist weil ich so genau spüren konnte, wann`s genug ist. Heute fällt es mir aber gar nicht leicht, einen Schluss zu finden – vielleicht weil es keinen gibt? Ich und all die andern sind jedenfalls nicht aus der Welt, dass solltest Du nie vergessen. Wenn Du wieder einmal Fragen hast, dann melde Dich jederzeit. Wir wissen auch: „Was wäre von unserem ganzen Geschreibsel erhalten geblieben ohne Typen wie Dich!“ Weil jedes Ende auch ein Anfang ist, fällt`s mir jetzt gar nicht schwer zu gehen!
Dein alter Freund
WOLFGANG AMADEUS
Daniel Beyer
Den 26. Februar, 2002